domenica 28 dicembre 2014

Nel 2015: in bocca al lupo!


Le parole contano. la parola 'vegano', per esempio, è talmente 'aliena' da aver suscitato le paure e le reazioni difensive del sistema turboconsumistico nel quale trascorriamo quasi tutti i giorni della nostra vita.  Se una volta i vegani erano facilmente riconoscibili - perché pochi e agguerriti - e facilmente riconoscibile era la loro azione di opposizione a un sistema fondato su una violenza strutturale, oggi non è più così. I vegani sono stati assorbiti, sono stati confinati tra cucine, palestre e spa, il loro afflato etico è stato depontenziato, al punto che perfino tra gli stessi vegani (animalisti, antispecisti: sono altre etichette forse non depotenziate, ma mistificate) c'è in merito confusione. Oggi il vegano etico deve affrontare una nemesi interna assai insidiosa, il vegano consumatore, come lo inquadra il Laboratorio Antispecista , su Veganzetta. Il vegano consumatore è intrinsecamente egoista. E il senso di "disobbedienza civile" che si può attribuire all'essere vegani, viene completamente cancellato.

Che fare? Il vegano invece non deve smettere di essere aperto nei confronti dell'altro, altranimale o umanimale. Non deve abbandonare l'etica, né la politica.
"oggi dobbiamo reagire.
A partire dal linguaggio, sicuramente, tornando come dicevamo a parlare di Liberazione, quella con la L maiuscola, continuando caparbiamente a parlare con chi oggi forse in numero maggiore può ascoltare e facendogli suonare nelle orecchie concetti pieni, senza paura di sconvolgere e piuttosto – forse- con l’obiettivo di farlo. " . Si legge in chiusura all'articolo. 

Il linguaggio, di cosa è fatto? Di parole, e frasi, che insieme comunicano idee, pensieri, concetti, emozioni. Anche attraverso i modi di dire, sedimentati nei secoli, le frasi fatte, le parole-che-non-ti-ho-detto, le parole cartina di tornasole, le parole del referente assente .

IN BOCCA AL LUPO!





Mi pare che questa spiegazione inscritta nella foto, abbia un che di etologico che la rende molto condivisibile. La trovo molto bella, limpida, diretta, onesta, persino coraggiosa. Sembra come una finestra sulla lupinità libera, che finalmente abbiamo intenzione di cominciare a guardare, dalla giusta distanza (la distanza del rispetto dello spazio altrui, non la distanza della paura irriflessiva). Se l'augurio è vecchio, questa più recente motivazione gli ridona attualità, lo trasporta verso nuovi territori, abitati da diverse sensibilità, nuove aperture, diversi movimenti verso l'incontro dell'altro - infinite altre singolarità viventi. Anche quelle umane, gli umanimali.

L'armamentario delle spiegazioni che vengono da altre fonti riportate, appaiono invece molto di più come il riflesso di una chiusura oppositiva, di una esclusione: ci raccontano di realtà diverse - anche se a ben pensarci non così tanto, purtroppo (si pensi a Daniza, alle campagne di disinfestazione di nutrie, cinghiali, lupi, ricorrenti in varie Regioni italiane) - fatte di ostilità immediata nei confronti di qualsiasi altro animale.

Per prima cosa, occorre sapere che il significato scaramantico è comune a tutte le spiegazioni.

Una prima interpretazione vuole che la frase derivi dal linguaggio di pastori e allevatori per i quali il lupo era temuto più di tutti gli altri animali a causa della sua voracità per il bestiame del quale essi si occupavano.

Un'altra spiegazione, invece, deriva dai cacciatori che sopprimevano i lupi poiché ritenuti pericolosi per gli umani. In questo caso dire "in bocca al lupo" significava augurare "buona caccia".

 Sempre riguardante la caccia sarebbe la spiegazione dell'espressione secondo la quale chi andava a cacciare il lupo doveva avvicinarsi e quindi metaforicamente "mettersi nella bocca del lupo". A questo augurio avrebbe senso rispondere "crepi il lupo" poiché per affrontarlo ci voleva molto coraggio e fortuna.

 Altri ancora pensano che il detto derivi dal greco per assonanza ovvero: "prendi la retta via" e rispondere "la prenderò".

Un'ennesima interpretazione prende spunto dalla storia dell'origine di Roma: Romolo e Remo vennero salvati dalla lupa. Così, se qualcuno rivolge l'espressione all'altro, si augura fortuna. Anche se in questo caso la risposta "crepi" o "crepi il lupo" non avrebbe senso poiché l'animale sarebbe considerato "la salvezza".


Una spiegazione del termine ci è data, invece, dalla navigazione dove "la bocca del lupo" era la "lavagna" sulla quale si registravano i nomi degli uomini e delle merci portate a casa e quindi l'espressione avrebbe avuto il senso di una "buona navigazione".


L'Accademia della Crusca, parla di paure ataviche, di allegorie medievali del lupo, creatura malvagia, falsa, crudele - un ennesimo esempio della antropomorfizzazione simbolica in negativo operata a danno degli animali. In controluce, si intravede la funzione apotropaica della formula, poiché mettersi in bocca al lupo equivale a mettersi nel potere del "nimico" e dunque l'augurio diventa antifrastico, perché si spera in realtà il contrario di quel che viene apparentemente augurato. Così è, se vi piace.

Con tutte queste bocche, però, a me viene in mente - per associazione libera - la locuzione quasi intraducibile “Il faut bien manger” del filosofo Jacques Derrida.
La si traduce di solito in due modi contemporaneamente: "bisogna pur mangiare" e "bisogna ben mangiare". Il doppio senso, questo inafferrabile 'lost in traslation", rinvia al motivo etico fondamentale dell'ospitalità dell'Altro, tanto esaminata da Derrida.

Venire divorati dal lupo nel senso di venirne ospitati, accolti?
Potrebbe essere  quel che è accaduto quando il lupo e l'uomo si incontrarono e dalla loro unione nacque quel vivente che noi oggi conosciamo come il cane?
Il lupo ha divorato l'umano attraverso il cibo dell'umano: ha riconosciuto l'umano, lo ha riconosciuto come compagno suo pari, ha deciso di unire il proprio percorso di vita a quello dell'uomo?

Questi, sono solo pensieri in libertà, libere concatenazioni di suggestioni, un pretesto per l'augurio scaramantico mentre si approssima il cambio simbolico dell'anno.

Nel 2015, in bocca al lupo.
(si risponde: "Viva il lupo": ossia, "(ev)viva il lupo", ma anche "lunga vita al lupo".

sabato 27 dicembre 2014

Mijbil - Andrò anche io a Camusfearna, prima o poi...

Mijbil. Fonte: A sketch of the past


Mijbil, la lontra, l'ho conosciuto sulle pagine dei libri che parlano della sua vita, quando ero poco più di un bambino.
Immaginate un piccolo paese sulle Alpi vercellesi, tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta del XX secolo. Immaginate la stagione estiva, forse già in là coi mesi, forse già agosto.
Immaginate un giorno non proprio soleggiato, ma caldo. Siamo di mattina, con me c'è mio padre, un uomo sognatore per molti aspetti del suo carattere, con uno spirito a volte delicatamente sorprendente, ma anche con una certa propensione a smussare gli spigoli delle vicende della vita - il che a volte si traduce nel rifiuto delle responsabilità.
Mio padre e io, dunque, siamo diretti all'edicola, che si trova nella piazza del paese, sotto a degli alberi. Si trattava di un'edicola molto piccola, ai tempi, dove perciò giornali e riviste sembrano traboccare - o almeno così ricordo io. 
La signora che gestiva la rivendita dei periodici, mi ricordo che aveva preso dei grandi cesti e li aveva sistemati proprio ai lati della sua edicola. In questi grandi cestoni era possibile trovare decine e decine di libri, quelli che vengono definiti i remainders, libri non più nuovi che tentano la fortuna rimettendosi in giro per il mondo.
A me, che son sempre stato lettore appassionato, piaceva immergermi in questi contenitori, tuffavo le mani per spostare e sfogliare, con gli occhi che si posavano sulle copertine e sui titoli, per guidare i movimenti delle mani.
Però, avrei cercato a lungo, e forse inutilmente, se non ci fosse stato quel giorno mio padre che insieme a me - e come me - cercava nei cestoni.
Gli capitò infatti sotto gli occhi un piccolo tascabile che io avevo appena preso in mano e che stavo per rimettere giù. Ma forse, se il lbiro stava ancora nelle mie mani, era perché qualcosa aveva colpito la mia attenzione. Di fatto, questi pochi secondi in più hanno permesso agli occhi di mio padre di notarlo, di leggerne il titolo e di vederne l'illustrazione della copertina.
Mi disse subito: "Prendilo, questo. Ti piacerà, è una bella avventura e racconta di animali".
Adesso, mi piace pensare che il libro lo abbiamo (ri)trovato e scelto insieme. Pensai subito che papà dovesse averlo già letto in gioventù (per me, mio padre era ancora un uomo che aveva fatto mille esperienze e molti viaggi e che sapeva raccontare tante cose).
Il libro era: "L'Anello di Acque Lucenti", di Gavin Maxwell.
Il formato è tascabile, le pagine cominceranno molto presto a staccarsi dalla costa, specialmente quelle centrali, che presentano delle bellissime foto in bianco e nero delle lontre - e me ne innamoro subito, all'istante. Un altro motivo per amare questo libro -cioè, intendo, proprio l'oggetto da sfogliare, il contenuto è qualcosa che tocca altre sensazioni, altre corde delle emozioni - è che le pagine, il loro bordo esterno, quello che una volta che il libro è chiuso si trova dalla parte opposta della costa, è colorato di un verde scuro, come se qualcuno avesse passato il bordo con un pastello a cera, o una matita colorata. Perché? Non lo so, mio papà spiegò che così si fa coi remainders, per distinguerli dai libri nuovi. Io per molti anni, ogni volta che ho visitato bancarelle e mercatini di libri usati, ho controllato, ma di pagine colorate di verde non ne ho più ritrovate.
Forse, dopo tutto, era stato solo un bambino che giocava coi colori e che aveva colorato queste pagine. Forse, in questo modo, il libro era stato considerato rovinato ma, dal momento che i libri non si buttano, era stato portato al mercatino dell'usato. Fino a che non era arrivato a me: allora, anche coi libri ho lo stesso destino che ho coi cani, quello di accogliere e amare quanti sono stati rifiutati e che nessuno ama più.



Gavin Mxwell con Mijbil. Fonte: The Telegraph



Gavin Maxwell e le lontre hanno abitato la mia fantasia immediatamente, quasi con prepotenza, e di sicuro con grande vitalità. Camusfearna, la casa di Maxwell e delle sue lontre, è un luogo dei miei sogni fantasiosi (insieme con la Darrowby di James Herriot). 
Rieccoci. Siamo ancora nella piazza del paese di montagna, dopo che mio papà mi ha detto quelle cose su questo libro. Inizio subito a sfogliarlo, trovo le immagini e le guardo, per la prima volta, cercando di entrarci, per poter vedere quello che è rimasto fuori dall'inquadratura. Ci sono molti animali, c'è un cane e ci sono le lontre. Le didascalie sono stralci del libro. Un mini racconto.
Gavin Maxwell fu un avventuroso, girò molta parte di mondo e amò a suo modo molti luoghi, molte persone e tanti animali.
Quel che mi colpì, di primo acchito, fu la sua vita, per scelta lontano dagli orizzonti rinchiusi e meccanici delle città. Invece, si mise nelle condizioni di vivere a contatto con ambienti naturali anche estremi, ma nei quali i ritmi che dettano le regole sono quelli delle stagioni, delle fasi lunari, delle maree, delle migrazioni e delle nascite animali che vivono liberi, accanto all'uomo ma non mai con l'uomo né tanto mendo dell'uomo. Tra quella prima lettura e queste poche righe di adesso, sono passati molti anni, e alcuni di quegli anni mi hanno visto vivere qualcosa che - sia pure in modo a paragone molto meno difficile - si avvicina a quel tentativo di vita in un certo senso 'ai margini' dell'artificialità, e invece ben dentro la natura.  Non credo sia un caso: l'impressione di quei racconti si è radicata così profondamente in me, da germogliare anni più tardi - e forse arriveranno nuove fioriture, e magari nuovi frutti, nella mia vita futura.
Quando iniziai la lettura fu come abbandonare la casa di montagna - dove molti anni dopo sarei tornato per vivere la 'mia' marginalità dalla città - per trasferirmi a Camusfearna. E cercavo di passarci tantissimo tempo: anche se ciò significava assottigliare le pagine del libro, un libro non molto grosso, che quindi sarebbe finito troppo presto. Mi piaceva leggerlo e poi passeggiare, alla sera, per le vie del paese addormentato, sotto le stelle, con l'odore delle sigarette di papà nel naso.
A Camusfearna ho trovato un bellissimo cane, dolce e allegro, che come molto spesso fanno i cani, ha dato al suo 'padrone' - l'autore, Maxwell -  il desiderio irrefrenabile di conoscere più da vicino e con maggior dialogo, gli altri animali (ma Maxwell aveva probabilmente anche una speciale sensibilità, terreno fertile per i doni che possiamo ricevere con beneficio dallo scambio di vita e di giorni con altri animali).
A Camusfearna ho vissuto tra le paludi e le reti per pescare i pesci che vengono nella baia quando è il loro momento per fare lunghi viaggi e per fare figli. 
Da Camusfearna sono partito, insieme a Maxwell, perché la febbre data dalla vita con un animale, non mi abbandonava. Siamo partiti alla ricerca dell'Animale, del compagno di vita che riempisse lo spazio lasciato da chi è insostituibile. ma che non tornerà mai più.
Così, Maxwell, nel lontano Iraq di allora,  ha scoperto le lontre, al termine di lunghe peripezie.
La sua vita con le lontre è iniziata. E da quel momento, c'è sempre stata una lontra nella sua vita - a Camusfearna e altrove.

 
Fonte: What's There?

Mijbil, a colpi di vibrisse, si scava una nicchia nei miei pensieri, la mia fantasia è accesissima dalla sua presenza, dal leggerne la vita. Anche io, come Gavin Maxwell, soffro per la morte prematura di Mijbil, per la quale bisogna biasimare - tanto per cambiare - i gesti di irriflessiva violenza che molti umani hanno, nell'istante stesso in cui davanti a loro compare un animale - qualunque sia la sua specie. Queste riflessioni, questo dolore, Maxwell le mette sulla pagina anche se lui non è un animalista, né tanto meno un antispecista (due concetti che alla sua epoca probabilmente nemmeno erano ancora mai stati concepiti): vive con la pesca, non esita a uccidere e a cibarsi di animali (però, allo stesso tempo, scrive parole di grande pathos a proposito degli animali come i crostacei che vengono cucinati vivi, nell'indifferenza più totale; ne nota i tentativi disperati di fuga, per continuare a vivere, anche se non agisce per soccorrerli).

Forse con questa lontra - allo stesso tempo,  però, quando alzavo gli occhi dalla pagina, incontravo la presenza viva e partecipe del cane che allora viveva con la mia famiglia - ho interiorizzato per sempre la suggestione e il fascino degli animali - degli altranimali. Qualcosa che ha a che fare con la vitalità immediata, pulsante, respirante e 'invadente' di un individuo che ci chiede con tutto se stesso, e coi gesti e con la sua voce - che ha una lingua sua - che noi gli si dia spazio e attenzione e gli si lasci vita - un nostro obbligo dal momento in cui ce ne facciamo carico.
L'ho interiorizzata - la suggestione vitale - come l'animale che io sono e che allora era un bambino, un cucciolo e assorbiva con energia, con voracità, con grande convinzione, le esperienze di conoscenza del mondo. Io quel libro non l'ho letto, infatti, l'ho divorato, l'ho fatto entrare dentro me stesso.  E poi l'ho riletto ancora, sfogliato, annusato.
Forse un giorno andrò anche io a Camusfearna, in quei luoghi delle lontre; nel frattempo, ho potuto visitarli e vederli per come li ha raccontati una ragazza sensibile che ci è stata di recente, e che ne ha scritto nel suo blog, proprio qui.
Questa conoscenza virtuale, è stato il primissimo regalo di questo blog.

giovedì 25 dicembre 2014

La notte di Natale...

Courtesy from Marco Colombo
Cervo all'alba, si staglia sulla tenebra verde del bosco.
Immagini come questa, sono frutto di grande pazienza, di grande perizia, e di molta attenzione nei confronti degli animali, che non devono venire disturbati, sia perché si vuole coglierne la bellezza, sia perché è - io credo - loro diritto essere lasciati in pace.

Per ben due volte, su questo blog, Marco Colombo lo ha raccontato.

Ricordando un altro cervo, che invece dall'obiettivo fotografico, fu raggiunto dal proiettile di un cacciatore, ho chiesto a Marco Colombo di poter pubblicare questa foto, per Natale. Un regalo: soprattutto per gli animali.





mercoledì 24 dicembre 2014

Il tuo biglietto = la loro prigionia (circo, zoo, bioparco, ecc)


Cosa può raccontare questa immagine?
Per cominciare, va detto che si tratta di una immagine estratta d'impulso dal socialforum, per cui non ne conosco la fonte. Non so neppure se le giraffe immortalate (?) siano in uno zoo / bioparco, in un circo, o quale altra struttura umana contenitiva di altranimali.

Tutto considerato, non è essenziale in quale casella della tipologia dei luoghi 'panottici' vada inserita questa stanza per le giraffe.
L'essenziale autentico, il punto focale, credo sia altrove, e abbia a che fare con altri elementi della foto.

Intanto, ecco - a contrasto - un'altra immagine di giraffe:

Fonte: Fresh Boo!

La prima foto sembra quasi - potrebbe dare l'impressione di essere - una rappresentazione teatrale, la ricostruzione indoor della scena che vediamo nella seconda.
Con l'appunto che le giraffe 'attrici' nella prima scena, sono in realtà prigioniere, il loro spettacolo, la loro 'recitazione', è coatta, obbligata, e quel che va davvero in scena è la loro mancanza di libertà, in una prigionia che per loro significa vivere esperienze di disorientamento, confusione, frustrazione, noia - o peggio.
In quel contesto si aggiunge la beffa umana, al danno della privazione della libertà: e lo slancio esplorativo, vitale e sanamente famelico della giraffa che cerca di brucare le fronde dipinte, viene negato e mortificato, ridotto a scherzo, declassato a esemplificazione tutta antropocentrica di una ipotizzata 'stupidità animale', l'incapacità di distinguere la realtà circostante, banalizzato a spettacolo per guardoni.
L'individuo animale in tal modo viene trasformato in un burattino semovente - oggetto artificiale in un contesto artificiale, da osservare all'infinito, grazie anche all'obiettivo - ulteriore patina artificiale, un occhio elettronico meccanico che blocca l'istante e lo trascina via a grandi distanze, nello spazio e nel tempo (infatti, chissà quando queste giraffe prigioniere sono state fotografate?).
A questo punto, diventa impossibile qualsiasi forma di immedesimazione, qualsiasi tipo di empatia.
Come in un gioco di specchi, dove sono le macchine  dettare le regole, l'assenza di empatia, si ripercuote anche sull'osservatore umano, che si illude di essere al riparo dal rischio di imprigionamento: in realtà, di fatto, è già prigioniero di un contesto quasi totalmente artificiale e -in più - l'assenza di capacità di immedesimazione, di attenzione verso un individuo altro, lo porta (ci porta), a una perdita di capacità di relazione con gli altri umani, per non parlare di attenzione al nostro stesso interno vivere dei pensieri e delle emozioni, che non capiamo più, che neghiamo, che censuriamo. Perché le abbiamo tolte e negate prima di tutto agli altri animali (ci siamo dimenticati, o meglio , rifiutiamo di ricordare che siamo animali anche noi), e le abbiamo estromesse dal nostro orizzonte. Un orizzonte  concluso e chiuso da ulteriori pareti, più o meno decorate. 
Attenzione: non sto dicendo che questa situazione è negativa perché si ripercuote su di noi; sto dicendo che prima di tutto è negativa in sé, che va contestata perché è un atto di prevaricazione verso altri individui di altra specie - sensibili e desiderosi di libertà tanto quanto i loro carcerieri umani, che non sanno più fare le connessioni empatiche delle realtà che vedono, che vivono e che creano. E' negativa perché toglie dignità, toglie senso, alla vita irripetibile di individui che sono stati reclusi dal mondo, e che sono stati negati al mondo, nel quale non potranno mai più lasciare traccia della loro azione di vita.

martedì 23 dicembre 2014

Haiku d'inverno

Il bosco di Jaworze, in Polonia


FIOCCHI DI NEVE
SI SON POSATI A TERRA
BACI GELATI

 
DEI PASSI LESTI
AVANTI SULLA NEVE
VENTO TRA RAMI
 
 
SOLITUDINE
GRANDE SOLCO PROFONDO
IL FIUME BIANCO
 
 
 
CAREZZA GELIDA
DELLE STELLE ALTISSIME
CIELO A DICEMBRE


 
DAI DAMMI UN BACIO
NON FARE LA STUPIDA
SCENDE LA NEVE
 
  
MA NON SO QUALE
TRISTEZZA QUELLE LUCI
SOTTO NATALE
 
 
 
 
 

martedì 16 dicembre 2014

La Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia

Fonte: AnimaliLiberi

Ci stavo pensando: se costruisco o installo una mangiatoia per gli uccellini; se non uccido gli insetti che entrano nella mia casa, ma mi limito a riportarli nel prato; se mi prendo cura di un gatto, o un cane anziano o malato o disabile; se faccio queste e altre più o meno piccole o quotidiane azioni o gesti, mi trasformo in un certo senso in una specie di 'santuario individuale', cioè rendo me stesso, le mie azioni, i miei pensieri, orientati alla convivenza con gli altranimali. Ci sono molti modi per esprimere questo concetto: ad esempio, che con questi gesti sto facendo già delle liberazioni animali.

Forse è per questo che sogno di poter organizzare ben presto e quanto prima la mia casa come un luogo di accoglienza per gli animali. Penso che in ogni caso la collaborazione, lo scambio e l'unione delle risorse di ogni genere tra antispecisti-attivisti-volontari (etichettiamoci-li come volete-vogliamo) siano basilari, per diventare efficaci e continuativi. Resistenti E resilienti.

Di sicuro è per questo motivo che scopro con gran piacere questo sito, questa iniziativa, questa realtà:


Trascrivo la loro presentazione, tratta proprio dal loro sito:

"
La Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia è un’aggregazione di progetti che si riconoscono essere molto vicini nel loro percorso e che hanno come obiettivo comune quello di contribuire ad un miglioramento dell’attuale relazione tra noi animali umani e tutti gli altri.
Già da tantissimi anni l’uomo purtroppo si è auto elevato ad un gradino superiore a tutto il resto dell’abitato del pianeta, ponendosi così in maniera violenta e mettendo al proprio servizio ogni soggetto e ogni cosa conosciuta, manipolandoli in base alle proprie (false) esigenze.
I pessimi risultati di questo comportamento sono ormai evidenti in ogni angolo del pianeta e fortunatamente sempre più persone stanno cambiando rotta, puntando dritti verso una scelta di vita nonviolenta e di profondo rispetto verso la natura.
In questo sito potrai trovare tutti quei progetti che nel loro impegno di “riconversione”, hanno sviluppato e migliorato la relazione umano-altri animali, creando nello specifico dei luoghi di rifugio per molti soggetti senza una casa.
Per ottimizzare il proprio operato e per raggiungere meglio tutti gli obiettivi comuni, a fine 2014 nasce la Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia, creando così un ambiente di divulgazione, di collaborazione e di cambiamento.
Sostienici e facci conoscere a più persone possibili!"

NEWS: c'è anche la pagina facebook

Gli uccellini in inverno

Fonte: Rumore di Fusa

L'inverno sta arrivando, annunciato dai primi freddi da prendere sul serio - in questo scorcio di stagione tutto da decifrare per noi umani.
E se si tratta di freddi tutto sommato sopportabili per noi, sono già situazioni climatiche e stagionali problematiche per i selvatici e i sinantropi, cioè quegli animali che vivono - liberi - nelle pieghe delle nostre città, o ai bordi delle periferie.
Non dimentichiamoci di loro, prepariamogli accoglienza, e cibo, adatti a sopravvivere all'inverno.
L'ora per attrezzarsi è questa.

Fate conto che queste cose le abbiano scritte nella loro 'letterina a Babbo Natale".

Qualche consiglio lo trovate nei link che vi propongo, tutti di piacevole lettura:

Il Mondo in un Giardino

Il sito della Lipu di Milano

LifeGate

S.O.S Animali


Fonte: ImprontaUnika

Anche i link delle foto rimandano ad altri siti a tema, da leggere.

(In fondo, non è antispecismo anche questo?)

lunedì 15 dicembre 2014

Il grattacielo di Max Horkheimer. Voi a che piano scendete?

In attesa di specificazione della fonte e del nome dell'autore del disegno



"Vista in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi all’incirca così: su in alto i grandi magnati dei trust dei diversi gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori importanti; sotto di essi – suddivise in singoli strati – le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti quanti, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati.
Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall’orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo.
Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione.
Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali.

Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato."


Max Horkheimer, «Il grattacielo», da Crepuscolo.
Appunti presi in Germania 1926-1931, Einaudi 1977, pp. 68-70

Max Horkheimer (1895-1973) è esponente della Scuola di Francoforte.
Il suo pensiero si configura come una critica globale della moderna civiltà occidentale e di quella "logica del dominio" che egli identifica come base di ogni sua manifestazione sociale, economica e culturale. 
Post scritto pensato alla Giornata internazionale per i diritti degli animali, e alle parole di Rita Ciatti su questo evento e su quel che ha suscitato.

mercoledì 10 dicembre 2014

Tradizionalmente Veg! - 1: il Panforte

Fonte: Tuscanycious

Breve brevissimo post pressoché natalizio. Anche questo un piccolo segno dei cambiamenti che spero di introdurre nel blog pianino pianino - in fedeltà al nome del blog!

I motivi di questo articolino sono molto pochi e molto semplici: il primo è dato dalla mia golosità; che mi ha spinto a cercare dolci per festeggiare nei canonici periodi festivi, senza dover 'derogare' a una volontà e un desiderio veg che non è integralismo sol perché vuol continuare a non mangiare animali mentre gusta qualcosa di buono nei particolari periodi dell'anno in cui più frequenti sono le festività, come - appunto - il periodo invernale, che culmina col Solstizio, al quale viene sovrapposto il Natale.  Ben prima che ci fossero pasticcerie o gastronomie veg, che propongono ognuno dei dolci della tradizione, ma rivisitati in chiave veg/cruelty free - quindi senza burro né uova - occorreva slalomare tra quel che offrivano i comuni supermercati. 
Così ho scoperto il panforte - non riporto alcuna marca commerciale, poiché la ricetta è di origini medievali, e già si chiamava così per via della molta presenza di spezie nell'impasto.
Il panforte, dunque, nasce vegano senza saperlo - un veganismo ante litteram, propriamente - nasce così perché la tradizione gastronomica della sua epoca aveva gusti e sapori diversi dai nostri. 
Quindi, il panforte è anche un revival dei tempi antichi, si potrebbe dire. 
Rimane comunque un dolce buono in sé e per sé, facile da trovare e buono da mangiare, sentendosi perfettamente natalizi. E questo a dimostrazione - ecco il secono motivo di questo post - che mangiare vegan non è per nulla difficile, né insapore. Anzi, può essere persino stimolante!

Qui sotto, un video per preparare il panforte in casa.
Viene specificata la presenza di un ingrediente animale - il miele - che si può agevolmente sostituire con malto di riso, o di orzo, o sciroppo di acero (un ingrediente di altre tradizioni gastronomiche, nulla di extraterrestre!)






La fonte del video è VegetariAMO

 
Sotto titolo: Vegano ante-litteram; sotto-sotto titolo: sono vegano e non lo sapevo!

venerdì 5 dicembre 2014

Il Circo

Fonte: Diario di una Traverlholic

Cantava Bruce Springsteen in una vecchissima sua canzone che avrebbe potuto scrivere anche Tom Waits, o Vinicio Capossela, o persino Caparezza: "Il Circo è tornato in Città".
Ma il suo era il circo della donna-cannone e dei trapezisti. Niente animali.
Invece, il circo che è tornato in città - a Novara, dove per ora abito - è quello con gli animali, lo spettacolo triste di vite imprigionate, impaurite, spezzate e derise

La città si è dotata di un regolamento, che richiede al circo o all'espositore di fiera di compilare una scheda, da restituire al Comune, che la girerà al Servizio Veterinario. I veterinari dovranno effettuare quindi sopralluogo per verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato e la realtà. I veterinari prendono in considerazione solamente gli aspetti legati al benessere e alla sanità animale (sic) nella struttura circense o espositiva.

Esiste un pdf di questo regolamento, che sinceramente ricordavo più sensibile in materia. Sembra che invece tutto si risolva nelle solite passacarte burocratiche; e in effetti il circo a Novara non manca mai.

Chiudo con un link:  Se Novara piange, Pordenone non ride. 

Su Tv Animalista, ci sono dei video.Buon divertimento.

(Eppure, i circhi senza animali esistono, grandi, medi e piccoli; grandiosi o casalinghi).

Magari, ci torneremo, e come sempre, se qualcuno vuol raccontare qualche sua esperienza in merito, è più che benvenuto!

La mucca volante

Copertina

Paolo Di Paolo - proprio come un personaggio della Freccia Azzurra di Gianni Rodari - è un giovane e fresco scrittore annata 1983.
Questo è il suo primo libro per bambini.
Lui ci racconta: "E insomma una mattina ero corso a casa e mangiandomi le parole avevo raccontato a mia nonna di una mucca immobile con la pancia molto gonfia, arenata su un prato davanti alla scuola (era una scuola di campagna, sì). La mattina dopo, la mucca non c'era più Bastava fare due più due per capire che da qualche parte era volata. o forse l'avevano nascosta?"

Fa tenerezza l'ultima domanda: la fantasia senza cattiveria di un bambino, che non pensa mai a cose come dolore o morte o violenza; la mucca, forse - più che volata via -  era stata seppellita.
Anchemio avevo pensieri simili, da bambino, immaginavo sempre che non ci fosse qualcosa di brutto, dietro agli animali negli zoo, o nei laboratori, o nei canili ... che, insomma, qualche cosa di bene capitasse anche a loro, dopo tutti i patimenti che subivano.

"Il libro che avete fra le mani avrei dovuto scriverlo un po' di anni fa. Poi (...)  mi sono distratto (...) ho scritto altro, inseguendo un sogno di scrittore che come tutti i sogni è bello quando è ancora un sogno. (...) Poi (...) come ogni cosa adulta - è anche un po' meno magica rispetto alle nostre attese di bambini. Proprio mentre combattevo con questo pensiero e con la delusione di essere diventato un adulto circondato da adulti - cosa da cui bisognerebbe ogni tanto disintossicarsi - , ho deciso di rimettere a fuoco un posto lontano. Così (...) ho capito che avevo rinviato un appuntamento molto importante (...) quello con la mucca volante. Ovvero con il primo bagliore della mia stessa fantasia."

Gli animali - gli altranimali - accendono sempre la fantasia dei bambini umani - e quando non accade è perché c'è qualche cosa che si è interrotto, per quel che riguarda la loro presenza nel mondo.
Poi questi bagliori, questi lampi, vengono fatti diradare, o vengono spenti; poi, alcune delle luci che accendono vengono coperte e velate, forse per sempre, negate (quelle sugli animali 'da mangiare' o 'da divertirsi', per esempio); altre, vengono un poco ridimensionate, banalizzate (quelle sugli animali 'da compagnia') - in fondo, "sono solo animali".

Però, questi bagliori sono vividi e fortissimi. E possono riflettersi nei meandri delle consapevolezze dei bambini, fin nel profondo, e rimanere presenti, e continuare a suggestionare; fino a tornare a risplendere, presto o tardi, quando il bambino è diventato adulto e sente prepotente il bisogno di disintossicarsi da tutta questa asfittica adultità-adultitudine. 
E così che si scrivono racconti; che si pensano idee nuove verso gli altranimali; che si immaginano e poi si fanno azioni nuove e amichevoli per loro e con loro; e così che si pensa un mondo nuovo, un futuro differente, s-prigionato da questo presente in bilico sul baratro.

"... tutto può tornare, finché restiamo...".


La Mucca Volante
Paolo Di Paolo
Bompiani AsSaggi
2014
89 pagine
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