giovedì 13 giugno 2019

La vivisezione rende ciechi (specialmente all'empatia)

una foto dalla Rete


Ieri sei andato a Torino, a volantinare con la Lav davanti alla Facoltà di psicologia di Torino, dove per ottobre è programmato un esperimento di vivisezione su dei macachi - che potrebbe diventare il centro di una nuova grande mobilitazione contro la vivisezione. Solo una speranza?
Intanto, Lav ha fatto anche una petizione da firmare. Qui.  

Metti anche il link alla petizione di AgireOra






Intanto, due parole sull'esperimento.
Secondo Lav, "Il progetto comporta l’uso di macachi da sottoporre a un lungo periodo di training con immobilizzazione in più parti del corpo per ore, quasi tutti i giorni, per settimane o addirittura mesi, e all’asportazione chirurgica di aree della corteccia visiva al fine di renderli clinicamente ciechi".
Lav chiede la revoca della autorizzazione all'esperimento, la liberazione dei macachi in un cenro di recupero idoneo.
Da sapere che nell'esperimento - incentrato sul 'blindsight' umano, un disturbo neuropsicologico -   anche volontari umani portatori di questo tipo di cecità che saranno sottoposti a tecniche non invasive di rilevazione.
Da sapere anche che studi su questo disturbo sono stati compiuti su pazienti umani già dagli anni Settanta del XX secolo.
Chiosa la Lav: "il ricorso in parallelo alle persone fa decadere ogni giustificazione addotta al ricorso delle scimmie. Gli esperimenti neurologici causano sofferenze enormi agli animali che sono costretti in dispositivi di immobilizzazione per praticargli brecce nel cranio”. E che - alla fine di cinque anni di studio - verranno uccise - 'eutanasizzate' (sic) per studiarne ancora i corpi, tramite autopsia. Saranno 6 i macachi coinvolti.

Torino, 12 giugno 2019


"Tutte le procedure e gli aspetti etici sono stati vagliati e autorizzati - dice invece l'Università.
Il progetto di ricerca, che ha ottenuto un finanziamento di 2 milioni di euro, è del dipartimento di Psicologia, si svolge in collaborazione con l’ateneo di Parma dove si trovano i primati, e si chiama “Lightup-Turning the cortically blind brain to see”.
Dice ancora l'Università: "gli animali non verranno resi ciechi. Sarà prodotta una macchia cieca, circoscritta a una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata ad un solo lato (destro o sinistro). Questa Operazione ha un impatto minimo e l'animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente, alimentarsi e interagire con i propri simili. Inoltre il cervello non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore".



A te, sembra proprio che la spiegazione della Università sia peggiore della notizia: una minimizzaazione del male, del dolore, del danno inflitto - proprio quando nello stesso esperimento si avrà ogni cura di usare tecniche non invasive, non dolorose, non cruente, per i pazienti volontari umani. Si ribadisce, in realtà, si riconferma - senza minimamente allontanarsi dall'antropocentrismo cartesiano che sembra improntate la maggior parte della sperimentazione su animali - la superiorità pregiudiziale ideologica della vita e della salute umana. Il discorso è lungo e complesso, toccherebbe anche i metodi sperimentali animal free (per esempio, hai letto degli 'organoidi'). 



L'unica certezza che hai: la vivisezione - il vero nome della sperimentazione animale - rimane - fin dai tempi del 'caso del cane marrone' - la lotta più incandescente di tutte le lotte intraprese - con diverse modalità e risultati, negli anni - dai vari animalisti. 
La vivisezione tocca corde emotive shockanti e non potrebbe essere diversamente: causano infatti  shock paralizzante, le immagini o i filmati di animali vivisezionati. 



La implacabilità della loro situazione terrificante e senza alcuna via di fuga, equivale alla condanna di innocenti a pene infernali, senza fine, se non la morte inflitta dagli sperimentatori. Per te, è l'idea stessa di una intera esistenza vissuta dentro questo orizzonte di dolore, a essere il centro della disperazione, della indignazione, dell'orrore.  Provi dolore fisico al pensiero di intere vite che vengono rovinae, rotte, sprecate, in questi modi privi di qualsiasi compassione, rispetto.

La prima cosa che la vivisezione acceca, per poi ucciderla, è l'empatia. Essicca il cuore e atrofizza le emozioni. Ne parlavi proprio ieri: è impossibile vivere in un ambiente intriso di sistematico sopruso - come un laboratorio dove si sperimenta su animali prigionieri -  e rimanere se stessi. O forse è impossibile per noi - noi, intendi, che proviamo rispetto e persino attenzione, sollecitudine nei confronti degli animali non umani (comunque, è un discorso su cui conviene ritornare prossimamente).



 


Oggi, 13 giugno 2019, manifestazione davanti al palazzo del rettorato dell'Università, organizzata dal movimento animalista “Meta”.
Parlavi di speranza, all'inizio. La speranza, l'auspicio, sarebbe che si potesse creare una staffetta, una collaborazione tra diverse realtà attivistiche, per avere sempre una presenza costante davanti alla Facoltà. Per farlo, occorrerebbe grande maturità.



PS
leggete due articoli sul volantinaggio Lav del 12 giugno, qui e qui

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