La poetessa Sugathakumari, indiana, è attivista per l'ambiente, per la Terra.
L'ho incontrata a pagina 397 del libro "Conto alla rovescia" di Alan Weisman, reportage- giro del mondo in 26 paesi e tra più di 7 miliardi di umani, alla scoperta delle risposte o non-risposte alla domanda: "quanto potremo ancora sopravvivere?" (se continueremo a fare figli a questo ritmo)?
(Il libro è molto bello, avvincente e ponderoso, e perciò conto di dedicargli un post prossimamente, al termine della lettura, quindi.)
Questa donna, è attiva da molti anni sul crinale dove si incontrano poesia e coscienza civile, nello Stato indiano dove vive, il Kerala.
Scrive in lingua malayalam, e a ottanta anni è una figura illustre.
Arriva a raccontare la sua storia -immagino al giornalista statunitense, che scrisse qualche anno fa l'emozionante-inquietante libro "Il mondo senza di noi" (2008) (scriverò anche di questo? sì, openso di sì) - dopo molti altri personaggi, tutti impegnati sul fronte della cruciale sfida demografica - che in realtà non dovrebbe lasciare molti dubbi sul modo pressoché obbligato per affrontarla - l'incontro con questa figura così intensa e accorata, squote.
Squote perché racconta le sofferenze delle persone, degli individui che lei ha incontrato e conosciuto nei molti decenni del suo impegno, e che ha saputo vedere e ricordare, forse grazie al suo occhio poetico. Il Kerala era uno Stato dove molte lotte nella "intricata ecologia umana" erano state superate con successo: mortalità infantile, tasso di natalità, infanticidi, istruzione, alfabetizzazione, livello di istruzione, preservazione dell'ambiente - nel Kerala c'è il Parco Nazionale della Valle del Silenzio - negli Anni Novanta del XX secolo erano tutti ai livelli che si spera di trovare: bassi quelli che dovrebbero essere bassi, alti quelli che giova avere alti. Avvenne però un diluvio materialista, basato sul confronto che i lavoratori pendolari facevano con i Paesi del Golfo Persico - confronto che innescò un'avida gara a possedere sempre di più, di più di più. Tutto questo ha cambiato le carte in tavola, e oggi la situazione preoccupa, tanto la poetessa quando l'economista Amartya Sen.
Non entro in ulteriori dettagli della storia del Kerala, affascinanti ma complessi da raccontare - comunque anche in questo caso, ci troviamo di fronte a un difficile equilibrio precarissimo tra umani, natura e economia; la sensazione che la coperta sia cortissima è il leit motiv.
La poetessa è al centro di questa narrazione: lei salvà il la Valle del Silenzio dalle dighe governative; lei, oggi, si dice disgustata.
"Se guardi al domani, ti si spezza il cuore. Animali, uccelli, api e fiori obbediscono alle leggi della natura. Una sola creatura le ha infrante. Ho quasi l'impressione che il mondo sarebbe un posto migliore senza di noi".
Sugatha Kumari mi ha lasciato un segno per queste sue parole, e per aver chiamato all'appello anche gli altri animali.
Ecco una sua poesia, tradotta, e proposta da Weisman nel libro:
Ci inchiniamo agli alberi e ai loro sacri timori;
la foresta ci dona il soffio vitale
come il Signore Shiva inghiottì il veleno
che altrimenti avrebbe distrutto la Terra
"Ma poi - dice Sugathi Kumari - si è riversato il veleno dei soldi".
Tanti obiettivi che il Kerala aveva raggiunto, messi in pericolo dalla tentazione...