State per leggere alcuni brani del famoso libro "Il richiamo della foresta" - nella edizione 'Biblioteca dei ragazzi' uscita in edicola nel 2005 su licenza del Gruppo Editoriale Giunti di Firenze.
Jack London, prima di scriverlo - nel 1903 - visse davvero nel Klondike per circa un anno, nel 1897.
Nel 1906 pubblicò 'Zanna Bianca', ambientato nello stesso mondo nevoso e spietato. Son due libri che hai amato tantissimo da ragazzino e ti sei convinto che potrebbero quasi costituire insieme una specie di storia ciclica, o altrimenti speculare. Ma questo è un altro discorso, da fare magari prossimamente. In ogni caso, c'è molto di autobiografico nei due romanzi.
Parlano, naturalmente, di animali: di cani e lupi, ma non solo, ci sono molti altri animali dei boschi boreali. E il modo in cui London ne parla è notevole: senza filtri, l'esperienza è raccontata sempre dal punto di vista del protagonista animale e London sembra conoscere molto bene ciò che muove un cane - un lupo - davvero nell'intimo.
C'è la violenza, perpetrata specialmente dall'uomo, l'esperto del bastone e della crudeltà. C'è la zanna, che è la forza dell'animale lupino o canino - secondo London, tutti i rapporti tra loro di questi animali, son regolati da questo elemento spietato ma mai vendicativo. Il che, come sappiamo, non è sempre vero, anzi spesso intervengono altri tipi di comunicazione, altre emozioni assai più amichevoli, pacifiche, accoglienti, dialoganti, pazienti, giocose. E infatti - lo leggerete - l'epilogo è dato da un gesto tutto sfumato e sussurrato. Ma quello era probabilmente il contesto e London era probabilmente influenzato dalle dottrine del dominio sociale - che pure osteggiava e combatteva - oltre che dalla visione mitologica sul lupo. Come che sia, la purezza dell'azione permea ogni loro gesto e pensiero ed è la libertà a essere la loro più forte spinta ad agire, il loro desiderio più grande.
L'immersione nel momento, con tutti i sensi all'erta, con tutto il corpo, la pelle, i sensi, li rende immediati e immediatamente volitivi e vivi.
L'epilogo, che è l'ultima frase che hai trascritto, ci fa capire che non è la lotta senza quartiere (quella è una cosa da umani) a regolare ancor più basilarmente la vita della e nella foresta. I lupi si riconoscono, riaprono all'altro lupo che li incontra, i due individui si riscoprono su un terreno comune.
Quando hai riletto il libro, tu stesso hai preso a respirare come un lupo, ricordi di boschi e di sensazioni stellari notturne sono riemerse. Sono questi brani qui sotto che le han riportate in superficie. Buona lettura.
Dentro di lui [Buck] c'eramo la fedeltà e la devozione uscite dal focolare e dalla protezione: ma c'erano anche la natua selvaggia l'astuzia primitiva. Era una creatura della foresta, che dalla foresta era arivata vicino al fuoco di John Thornton, piuttosto che un cane del dolce sud marchiato da generazioni di vita domestica.
(p.73)
Era più vecchio dei giorni che aveva visto e di quanto avesse vissuto. Collegava il passato con il presente, e l'eternità che gli stava alle spalle scorreva dentro di lui con un ritmo possente al quale Buck si conformava come fanno le maree e le stagioni. Questo cane maestoso, dalle zanne bianche e dal pelo lungo, giaceva accanto al fuoco di John Thornton; ma dietro di lui c'erano le ombre di molti altri cani, mezzi lupi o del tutto selvaggi, pronti all'azione, che gustavano il sapore della carne che lui mangiava, che avevano sete dell'acqua che lui beveva, che annusavano il vento insieme a lui, che con lui ascoltavano e a lui raccontavano i suoni che la vita selvaggia produceva nella foresta, che gli dettavano gli stati d'animo, che dirigevano le sue azioni, che dormivano con lui e sognavano con lui e fuori di lui fino a diventare i protagonisti dei suoi sogni.
Queste ombre lo chiamavano in modo così perentorio che ogni giorno il genere umano e le sue regole si allontanavano sempre di più. Nel profondo della foresta risuonava un richiamo, e ogni volta che sentiva questo richiamo che misteriosamente lo eccitava e lo attraeva Buck provava la necessità di volgere la schiena al fuoco e alla terra battuta, e di gettarsi nella foresta, sempre più dentro, senza sapere dove né perché; neppure si chiedeva dove o perché, c'era solo il richiamo che suonava imperioso, nel profondo della foresta. Ma ogni volta che raggiungeva la soffice terra vergine e l'ombra verde, l'amore per John Thornton lo riportava di nuovo verso il fuoco.
Solo Thornton lo tratteneva, il resto degli uomini non contava niente.
(p.74)
[...] Buck passava lunghe ore davanti al fuoco. La visione dell'uomo peloso con le gambe corte si presentava sempre più spesso [...] e socchiudendo gi ochi di fronte al fuoco, Buck vagava con lui in quell'altro mondo che ricordava.
La cosa principale di quest'altro mondo sembrava la paura.Quando guardava l'uomo peloso dormire accanto al fuoco, la testa fra le ginocchia e le mani incrociate sopra, Buck si accorgeva che il suo sonno era inquieto, con molte interruzioni e risvegli durante i quali guardava con paura nel buio e aggiungeva altra legna sul fuoco. Se camminava sulla riva del mare, dove l'uomo peloso raccoglieva molluschi e li mangiava così com'erano, i suoi occhi si guardavano ntorno alla ricerca di pericoli nascosti, con le gambe pronte a correre come il vento al loro primo apparire.
Nella foresta si muovevano senza fare rumore, con Buck alle calcagna dell'uomo peloso, ed erano vigili e all'erta, tutti e due, le orecchie ritte e mobili e le narici vibranti, poiché l'uomo sentiva i suoni e gli odori con la stessa acutezza di Buck. L'uomo peloso sapeva arrampicarsi sugli alberi e passare da uno all'altro con la stessa rapidità con cui si muoveva a terra, spostandosi con le braccia di ramo in ramo, qualche volta anche a una distanza di quattro metri. lasciando la presa e attaccandosi di nuovo, senza mai cadere, senza mai perdere l'equilibrio. [...]
E molto simile alle visioni dell'uomo peloso era il richiamo che ancora risuonava nel profondo della foresta. Quel richiamo lo riempiva di desideri forti e strani che gli toglievano la tranquillità. Gli faceva sentire una vaga, dolce gioia, e dei desideri e delle emozioni selvagge per qualcosa che non sapeva definire.
Qualche volta seguiva il richiamo nella foresta, cercandolo come fosse qualcosa di tangibile, abbaiando piano o con forza, come il suo stato d'animo gli suggeriva. Infilava il naso nel fresco muschio o nella terra scura dove l'erba cresceva alta e sbuffaca di gioia per i grassi odori del terreno; oppure si accucciava per ore, come per proteggersi, dietro ad alberi caduti, col tronco coperto di funghi, gli occhi ben aperti e le orecchie tese a cogliere ogni movimento e suono intorno a lui. Forse, così disteso, sperava di sorprendere quel richiamo che non riusciva a capire. Ma in realtà lui non sapeva perché facesse tutte quelle cose. Era obbligato a farle e non ci ragionava sopra.
Impulsi irresistibili lo attraversavano. Avrebbe voluto starsene disteso al campo, sonnecchiando pigramente nel caldo del giorno, quando improvvisamente la sua testa si alzava, le sue orecchie si drizzavano, tese ad ascoltare, e lui balzava in piedi e correva via, e continuava a correre per ore attraverso la foresta e la radura dove sbocciavano i fiori. Gli piaceva correre lungo i letti asciutti dei torrenti, e strisciare per spiare la vita degli uccelli fra gli alberi. Sarebbe potuto restare per un giorno intero nel sottobosco a osservae le pernici che battevano le ali e si mettevano in mostra. Ma soprattutto gli piaceva correre nel crepuscolo delle notti d'estate, ascoltando il mormorio lieve e assonnato della foresta, leggendo i segni e i suoni [...] alla ricerca di qualcosa di misterioso che lo chiamava... lo chiamava, nella veglia e nel sonno, continuamente.
Una notte si svegliò di colpo, gli occhi spalancati, le narici che fremevano e annusavano, la sua criniera scossa da una serie di ondate.Dalla foresta arrivava il richiamo [...] composto da molte note chiaro e netto come mai prima... un lungo ululato [...] e Buck lo riconobbe, in un modo vecchio e familiare, come un suono già udito in precedenza. Balzò attraverso il campo addormentato e nel completo silenzio si gettò fra gli alberi. Via via che si avvicinava all'ululato rallentava, facendo attenzione a ogni movimento, finché raggiunse una radura e guardandosi intorno vide, accucciato sulle zampe posteriori, il naso rivolto verso il cielo, un lupo magro e slanciato.
Buck non aveva fatto nessun rumore, eppure il lupo smise di ululare e sembrò avvertire la sua presenza. [...]
Così divennero amici e si misero a giocare insieme nel modo nervoso e un po' timido col quale le bestie feroci smentiscono la loro ferocia. Dopo un po' di tempo passato così, il lupo si mosse con passo deciso in un modo che mostrava chiaramente che aveva una meta precisa. [...]corsero fianco a fianco, nell'incerta luce dell'alba, lungo il letto del ruscello, nella gola dalla quale scendeva, fino al nudo crinale dove si trovava la sorgente.
[...]una zona pianeggiante dove c'erano distese di alberi e molti torrenti [...] corsero decisi, ora dopo ora, mentre il sole cresceva e il giorno si faceva più caldo. Buck era completamente felice. Sapeva che stava rispondendo al richiamo e correva al fiancodel suo fratello dei boschi verso il luogo da dove il richiamo arrivava. Antichi ricordi lo sommergevano rapidi e lo eccitavano quanto nel passato la realtà di cui i ricordi non erano che l'ombra. Tutto già gli era successo prima, da qualche parte in quell'altro mondo che ricordava appena e ora gli capitava di nuovo, mentre correva livero, la terra vergine sotto le zampe, il cielo grande sopra di lui.
(p.88-92)
John Thornton era morto. sentiva un grande vuoto dentro di sé, qualcosa di simile alla fame, ma che faceva molto più male e non poteva essere riempito dal cibo.
E con l'arrivo della notte[...] latrati [...] Buck li riconobbe come suoni già sentiti in quell'altro mondo che rimaneva nella sua memoria.
[...] Buck passava lunghe ore davanti al fuoco. La visione dell'uomo peloso con le gambe corte si presentava sempre più spesso [...] e socchiudendo gi ochi di fronte al fuoco, Buck vagava con lui in quell'altro mondo che ricordava.
La cosa principale di quest'altro mondo sembrava la paura.Quando guardava l'uomo peloso dormire accanto al fuoco, la testa fra le ginocchia e le mani incrociate sopra, Buck si accorgeva che il suo sonno era inquieto, con molte interruzioni e risvegli durante i quali guardava con paura nel buio e aggiungeva altra legna sul fuoco. Se camminava sulla riva del mare, dove l'uomo peloso raccoglieva molluschi e li mangiava così com'erano, i suoi occhi si guardavano ntorno alla ricerca di pericoli nascosti, con le gambe pronte a correre come il vento al loro primo apparire.
Nella foresta si muovevano senza fare rumore, con Buck alle calcagna dell'uomo peloso, ed erano vigili e all'erta, tutti e due, le orecchie ritte e mobili e le narici vibranti, poiché l'uomo sentiva i suoni e gli odori con la stessa acutezza di Buck. L'uomo peloso sapeva arrampicarsi sugli alberi e passare da uno all'altro con la stessa rapidità con cui si muoveva a terra, spostandosi con le braccia di ramo in ramo, qualche volta anche a una distanza di quattro metri. lasciando la presa e attaccandosi di nuovo, senza mai cadere, senza mai perdere l'equilibrio. [...]
E molto simile alle visioni dell'uomo peloso era il richiamo che ancora risuonava nel profondo della foresta. Quel richiamo lo riempiva di desideri forti e strani che gli toglievano la tranquillità. Gli faceva sentire una vaga, dolce gioia, e dei desideri e delle emozioni selvagge per qualcosa che non sapeva definire.
Qualche volta seguiva il richiamo nella foresta, cercandolo come fosse qualcosa di tangibile, abbaiando piano o con forza, come il suo stato d'animo gli suggeriva. Infilava il naso nel fresco muschio o nella terra scura dove l'erba cresceva alta e sbuffaca di gioia per i grassi odori del terreno; oppure si accucciava per ore, come per proteggersi, dietro ad alberi caduti, col tronco coperto di funghi, gli occhi ben aperti e le orecchie tese a cogliere ogni movimento e suono intorno a lui. Forse, così disteso, sperava di sorprendere quel richiamo che non riusciva a capire. Ma in realtà lui non sapeva perché facesse tutte quelle cose. Era obbligato a farle e non ci ragionava sopra.
Impulsi irresistibili lo attraversavano. Avrebbe voluto starsene disteso al campo, sonnecchiando pigramente nel caldo del giorno, quando improvvisamente la sua testa si alzava, le sue orecchie si drizzavano, tese ad ascoltare, e lui balzava in piedi e correva via, e continuava a correre per ore attraverso la foresta e la radura dove sbocciavano i fiori. Gli piaceva correre lungo i letti asciutti dei torrenti, e strisciare per spiare la vita degli uccelli fra gli alberi. Sarebbe potuto restare per un giorno intero nel sottobosco a osservae le pernici che battevano le ali e si mettevano in mostra. Ma soprattutto gli piaceva correre nel crepuscolo delle notti d'estate, ascoltando il mormorio lieve e assonnato della foresta, leggendo i segni e i suoni [...] alla ricerca di qualcosa di misterioso che lo chiamava... lo chiamava, nella veglia e nel sonno, continuamente.
Una notte si svegliò di colpo, gli occhi spalancati, le narici che fremevano e annusavano, la sua criniera scossa da una serie di ondate.Dalla foresta arrivava il richiamo [...] composto da molte note chiaro e netto come mai prima... un lungo ululato [...] e Buck lo riconobbe, in un modo vecchio e familiare, come un suono già udito in precedenza. Balzò attraverso il campo addormentato e nel completo silenzio si gettò fra gli alberi. Via via che si avvicinava all'ululato rallentava, facendo attenzione a ogni movimento, finché raggiunse una radura e guardandosi intorno vide, accucciato sulle zampe posteriori, il naso rivolto verso il cielo, un lupo magro e slanciato.
Buck non aveva fatto nessun rumore, eppure il lupo smise di ululare e sembrò avvertire la sua presenza. [...]
Così divennero amici e si misero a giocare insieme nel modo nervoso e un po' timido col quale le bestie feroci smentiscono la loro ferocia. Dopo un po' di tempo passato così, il lupo si mosse con passo deciso in un modo che mostrava chiaramente che aveva una meta precisa. [...]corsero fianco a fianco, nell'incerta luce dell'alba, lungo il letto del ruscello, nella gola dalla quale scendeva, fino al nudo crinale dove si trovava la sorgente.
[...]una zona pianeggiante dove c'erano distese di alberi e molti torrenti [...] corsero decisi, ora dopo ora, mentre il sole cresceva e il giorno si faceva più caldo. Buck era completamente felice. Sapeva che stava rispondendo al richiamo e correva al fiancodel suo fratello dei boschi verso il luogo da dove il richiamo arrivava. Antichi ricordi lo sommergevano rapidi e lo eccitavano quanto nel passato la realtà di cui i ricordi non erano che l'ombra. Tutto già gli era successo prima, da qualche parte in quell'altro mondo che ricordava appena e ora gli capitava di nuovo, mentre correva livero, la terra vergine sotto le zampe, il cielo grande sopra di lui.
(p.88-92)
John Thornton era morto. sentiva un grande vuoto dentro di sé, qualcosa di simile alla fame, ma che faceva molto più male e non poteva essere riempito dal cibo.
E con l'arrivo della notte[...] latrati [...] Buck li riconobbe come suoni già sentiti in quell'altro mondo che rimaneva nella sua memoria.
Era il richiamo, il richiamo fatto di molte note, che risuonava più invitante e imperioso che mai. E come mai prima, Buck era pronto a obbedire. John Thornton era morto. L'ultimo legame era rotto. L'uomo e le richieste dell'uomo non lo trattenevano più.
[...] riconobbe il fratello selvaggio col quale aveva corso per una notte e un giorno. Mugolava piano e, quando anche Buck mugolò, strusciò il muso contro il suo.
(p.101,102,103)
[...] riconobbe il fratello selvaggio col quale aveva corso per una notte e un giorno. Mugolava piano e, quando anche Buck mugolò, strusciò il muso contro il suo.
(p.101,102,103)
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