mercoledì 31 luglio 2019

Lacrime nella pioggia



Il terzo protagonista della scena finale di Blade Runner, è il piccione. Eppure, quasi nessuno lo considera.








Deckard ha inseguito Roy Batty fin sui tetti - o forse, meglio, Roy Batty ha attirato il cacciatore di androidi fino alla sommità dei palazzi.
Sono tetti invasi da ventole e luci, dai quali non si spazia su alcun panorama - che non sia fatto di altre centinaia, migliaia di tetti, tutti uguali. Le città umane sono ormai così, assembramenti artificiali che richiamano solo a se stessi.
Per gli umani, sono una dimensione sconosciuta e ignorata. Per i colombi - i piccioni - sono casa. 

Nella realtà del Blade Runner, gli animali sono pressoché estinti, i pochi rimasti sono ricercatissimi, possederli è uno status symbol. In una corsa sempre più tesa alla sovrapposizione, anche il nostro 2019 corrisponde a quello dei replicanti - gli androidi che sognano pecore elettriche. Anche nel nostro mondo, infatti, gli animali si estinguono nell'indifferenza generale, circolano foto oscene e disgraziate di cacciatori in posa davanti a cadaveri di orsi bianchi, leoni, alci. Anche nel nostro triste mondo, il possesso sembra essere l'unica modalità immaginabile e immaginata per entrare in contatto con gli animali - stavi per scrivere 'entrare in relazione', ma che relazione è quella basata sul possesso unilaterale?

Per la ambiguità binaria del pensiero che lo contraddistingue, però, l'umano - allo stesso tempo -  tiene in grande considerazione gli animali, al punto che ha fatto della empatia nei loro confronti un parametro di giudizio del test Voigt Kampf, quello che respira, per scoprire i replicanti sotto mentite spoglie.
Quindi, se proteggi gli animali sei umano, se invece non esiti a usarli per i tuoi scopi, sei un replicante. L'ennesima dissociazione di pensiero binario, che crea categorie per dividere, separare - che esporta le caratteristiche negative dai 'noi' del gruppo dominante, per riversarle tutte sui gruppi dominati e gli individui che ne fanno parte - una operazione di auto-assoluzione, per poter proseguire nelle attività di sopraffazione con la coscienza leggera e l'anima purificata dai 'peccati'.

I colombi vengono ignorati dalla maggioranza delle persone - vivono lontani, in cima ai tetti - ma vengono disprezzati e combattuti quando vengono in contatto con la vita quotidiana degli umani - colpevoli di invasione, di aggressione, di attacco, di contagio. Inutile ripetere come si tratti di narrazioni pretestuose e funzionali al dominio - facilmente trasferibili su qualsiasi sia il 'nemico minaccioso' del momento, strumentale a politiche distraenti di paura e insicurezza, per rafforzare il potere di chi vuole solo comandare, per proprio tornaconto e invece magari si spaccia per integerrimo e paterno difensore.

Nel confronto finale, Deckard e Batty, sui tetti, incontrano i piccioni. Batty è quello che si interessa a loro, li osserva, alla fine ne prende uno, lo tiene fermo con la mano, contro il suo petto - una presa sicuramente decisa, ma non dannosa o dolorosa, come si vedrà alla fine.
Forse è solo curioso, forse vuole entrare in comunicazione con questo animale - o forse è solo una casualità, o una distrazione; oppure è una messinscena.
Tuttavia in questo gesto - inizialmente appropriativo, poi protettivo - Roy Batty dimostrerebbe in modo paradossale la sua umanità, il suo essere autenticamente umano - qualunque sia il significato di questa parola.
Il piccione, inoltre, è il suo ultimo contatto con un individuo vivente. Il piccione è l'ultimo compagno di vita del replicante. Prima di morire, Roy Batty vuole imprimere al cacciatore Deckard una lezione, sulla paura della vita in schiavitù, vuole mostrargli l'empatia verso gli animali - per questo il piccione, per questo il salvataggio con una mano sola. Dimostra allo stesso tempo, la sua forza e la sua fragilità. Una confessione, che è anche un epitaffio e un atto di accusa verso gli umani - che perseverano nelle loro pratiche (auto)distruttive: vi sembra famigliare, nel 'nostro' 2019? Un epoca in cui il clima è sconvolto come nel mondo dei replicanti e dove non esistono vie di fuga, né rimedi facili o soluzioni comode - che dovranno necessariamente mettere in  considerazione anche gli altri animali, farci uscire dal solpisismo egoistico e catastrofico e presuntuoso.








Alla fine - Roy Batty muore. La sua mano scioglie la presa sul colombo, che vola via. Vedeteci ciò che volete. Forse è - pianamente - un animale che ritorna alla libertà della sua vita, scampato a una promiscuità non richiesta né desiderata - e per fortuna breve e non letale - con umani o i loro schiavi ricreati. Che cosa ne pensa, il colombo, non possiamo saperlo. I replicanti - anche nella realtà nostra - sono all'inizio - o alla fine - della 'valle inquietante', possono e potranno essere tanto un capovolgimento prospettico nei confronti del vivente, quanto l'ennesima occasione mancata per rompere la solitudine specista antropocentrica.




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