Raggiungi al telefono l'avvocato Maria Cristina Giussani,
l’avvocata, che ha difeso gli imputati nel processo seguito alla occupazione di
Farmacologia.
Sono infatti state rese pubbliche le motivazioni della
sentenza. Molto importante commentarle, cercare di capirne il senso più
profondo e come questo significato sia più o meno vincolato entro i confini di
quanto appare scritto nero su bianco nelle leggi italiane.
"La sentenza è ben motivata da un punto di vista
tecnico e logico – giuridico, tuttavia non viene sfiorata dalle ragioni del gesto degli imputati.",
premette l'avvocata.
"Mi spiego meglio: le ragioni che stanno alla base del
gesto di occupazione sono state capite, salvo poi riportare tutto il senso del
fatto entro l'alveo di un esclusivo discorso normativo. Tutta la sostanza della
motivazione viene occupata dal mero dato normativo e giurisprudenziale.”
La giudicessa svolge il suo compito entro gli esatti limiti
del testo di legge. Hai letto le motivazioni e ti è sembrato che le premesse
etiche del gesto compiuto dai ragazzi dell'occupazione, siano state del tutto
ignorate.
Prosegue Maria Cristina: "Nelle valutazioni delle
prove e nella sentenza, il giudice
fa confluire chiaramente anche parte delle proprie convinzioni, ha facoltà di
dare delle interpretazioni e quindi fa esattamente questo. Quel che appare
chiarissimo è che non ha riconosciuto il valore morale del gesto. Ribadisce e riconosce - senza metterlo
mai in discussione -il valore della sperimentazione animale, ('tanto che [...]
è prevista[...] dalla legge', scrive espressamente). La
sperimentazione animale, dunque, appare giusta poiché è normativamente regolata
e quindi diventa automaticamente e socialmente lecita".
Sebbene l’aspetto storico e materiale dei fatti sia
indiscutibile, appare del tutto trascurata la valutazione dell’aspetto etico
insito nelle condotte.
Nelle motivazioni si può leggere: 'La ricusazione della
sperimentazione scientifica [...] non [è] supportata da un generale consenso
sociale, né [è] conforme alla morale e ai costumi condivisi dalla prevalente
coscienza collettiva' .
Per la giudicessa, ti sembra, insomma che non possa esistere
alcun margine per qualsivoglia tipo di contestazione nei confronti della
pratica di effettuare esperimenti sugli altri animali.
Perciò, non vengono concesse le attenuanti generiche, in
nessuna forma.
Continua Maria Cristina Giussani:
"La giudicessa ha la facoltà e non l’obbligo di
concedere le circostanze attenuanti generiche e non le ha concesse. Ha
considerato la violenza privata,
che si è verificata quando gli attivisti
si sono lucchettati ai maniglioni degli ingressi; ha ricordato che i
gesti nel loro complesso costituiscono un 'atto criminoso', considerando
altresì la rivendicazione un motivo per cui si può parlare di pervicacia
ideologica”.
Sui metodi valutativi della giudicessa, insomma, mai
avrebbero potuto fare presa i termini del dibattito sulla ammissibilità, sulla
eticità, e anche sulla validità della sperimentazione animale - meglio
conosciuta come vivisezione, un termine di sicuro assai più incandescente, ma
molto più rivelatore rispetto all’anodino 'sperimentazione animale'. Vero è che
si tratta di un dibattito assai vivo e sul quale non c'è accordo comune. La tua
opinione è che questo fatto
dovrebbe rafforzare, invece che indebolire, la messa in dubbio di una
tautologica dichiarazione di validità della sperimentazione solamente perché
'svolta in conformità alla vigente normtiva'.
Continua Maria Cristina Giussani:
“Il giudice avrebbe potuto inoltre riconoscere le attenuanti
per il particolare valore morale insito nella condotta incriminata, soprattutto
trattandosi di un gesto che si è svolto in modo assolutamente pacifico, a volti
scoperti, cercando un accordo con i vertici dell’istituto di
farmacologia."
Si è trattato infatti di un gesto di disobbedienza politica,
il cui fine era proprio quello di ottenere la liberazione degli animali usati
come cavie all'interno dei locali del dipartimento - liberarli in quelle ore,
liberarli successivamente.
Con sorpresa della difesa, “il giudice non ha dato grande
importanza al comportamento della costituita parte civile, che all’inizio del
processo aveva chiesto ingentissimi danni e, a tre udienze dalla fine del
processo, non si è piu presentata, non rassegnando conclusioni e pertanto
decadendo dalle richieste risarcitorie formulate.”
Nelle motivazioni, si parla bensì di danni economici e di
immagine, di 'lucro cessante (consistente nella compromissione di chances
brevettabili, nel ritardo degli esperimenti, nella perdita di occasioni di
pubblicazioni e di ottenere nuovi finanziamenti)', si fa cenno che 'La difesa di parte civile, tuttavia, non si
è più presentata alle udienze [...] La costituzione di parte civile deve dunque
intendersi tacitamente revocata...'.
Ma è come se non se ne traesse alcun elemento per rendere più sfumato il
giudizio.
Maria Cristina Giussani: "La giudicessa non ha tratto
conclusioni da questi fatti oggettivi. Nello specifico, la parte civile non ha
saputo dimostrare quali fossero gli esperimenti perseguiti dall’istituto
medesimo e perché fossero così importanti.”
"Proprio il valore etico è stata l'unica cosa sempre
rivendicata e però è stata considerata in maniera negativa".
Il giudice sottolinea che per gli imputati, non è possibile
avere 'positiva valutazione delle personalità degli interessati e una prognosi
affidabile in ordine alla loro capacità di praticare un valido percorso di
reinserimento nel mondo delle regole, con il conseguente rifiuto di ulteriori
esprienze devianti.’
dentro Farmacologia |
Maria Cristina Giussani: “D’altro canto, una rivisitazione
in senso critico delle proprie azioni avrebbe significato disconfessare il
valore etico del gesto stesso e dell’importanza di subirne un processo.
L’antispecismo è una filosofia, un pensiero, un sentire e un
conseguente modo di vivere... come potrebbe essere una condotta deviante?
Gli attivisti non sono persone che usualmente abbracciano
una condotta deviante in quanto usi a violare norme qualsiasi, ma
piuttosto individui che lottano
per la liberazione di altri individui che consideriamo da sempre nostri
schiavi, merce numerata da divorare, corpi da sperimentare, marionette per le
nostre ebeti risa, combattenti per violenze che sono solo nostre , cose da
annientare per farne oggetti vari di uso quotidiano in cui non trovi nemmeno
più l’impronta di COLUI che era stato. Un tempo, un giorno.”
E ancora: "Il nostro codice penale ha un impianto base
che risale agli Anni 30 del secolo XX, e le influenze della cornice storica
specifica sono ancora in esso ben presenti. Fa specie che, comunque il codice
penale sia - in senso di apertura verso gli animali - più progredito del codice
civile (ovviamente, grazie a
successive e recenti modifiche), ove gli animali continuano a rimanere meri
oggetti, quindi privi di qualsivoglia tutela giuridica.”
Sempre Maria Cristina: "Il giudice dovrebbe-potrebbe
adeguare la norma al diritto vivente, che si muove, progredisce, si evolve,
muta col mutare delle sensibilità individuali e al modificarsi di pensieri
collettivi. La tutela degli animali nel nostro ordinamento, nonostante il
recepimento delle Direttive europee e di alcuni trattati, rimane ancora molto
arretrata .
Stiamo sempre aspettando l’inserimento degli animali nella
Costituzione come soggetti di diritti, e in modo da poter superare anche la
concezione paternalistica e di tutela, che ancora oggi avvolge il rapporto tra
animali non umani e noi.”
La tua sintesi: ogni giudice ha il potere-dovere di
interpretare la legge: può decidere oppure no di 'ascoltare' il diritto
vivente, che è la voce del progredire delle sensibilità etiche dei gruppi sociali
e dei cittadini.
Questo processo rappresentava un bivio etico per scelte
cruciali, storiche. L'occasione, questa volta, non è stata colta.
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