Valeria Del Carlo, con un piccolo cucciolo
Uno scambio con Valeria Del Carlo, testo raccolto via telefono con
appunti, successivamente organizzati nel seguente monologo - novembre 2012 (prosegue il tema della disabilità animale, introdotto qui.
Valeria Del Carlo è la presidente
dell'associazione di volontariato "Piccole Cucce", attiva nella
provincia di Lucca. Tra i vari compiti dell'associazione, c'è la
sensibilizzazione verso la disabilità animale e la divulgazione di
questo concetto, con iniziative nelle scuole e progetti come
l'annuale "raduno AN.DI" , in Toscana. Molto importante anche la partecipazione alla rete di mutuo aiuto del progetto "S.O.S. Carrellini", di cui, in futuro, avremo modo di parlare.
<<Da molti anni mi occupo di
animali con lo scopo di aiutarli.
L'esperienza con gli animali disabili,
che mi ha coinvolto in prima persona, è avvenuta a contatto col
mondo felino, in un approccio coi gatti. Forse, i gatti suscitano una
reazione più forte rispetto ai cani – se disabili – perché
nell'immaginazione delle persone comuni, i gatti sono
associati all'idea di estrema agilità. Parlo di cani e gatti perché,
come è ovvio, sono gli animali che più facilmente si incontrano,
anche tra quelli bisognosi.
Il primo animale disabile che conobbi
in prima persona, e col quale ebbi a che fare, fu infatti proprio un
gatto. Fu una svolta nel mio pensiero, che andò ben oltre anche il
sentimento di empatia, che fino a quel momento aveva guidato le mie
decisioni.
Era un animale disabile, la sua
disabilità aveva a che fare con le zampe e l'uso degli arti. Lui,
era riuscito a imparare a usare anche la coda, in modo del tutto
personale, unico e creativo, per superare le sue difficoltà.
Venne in breve adottato, ma aveva cambiato decisamente tutto il mio
pensiero nei confronti degli animali, da lì ho iniziato a elaborare
considerazioni mie, sui disabili animali.
<<Per cominciare, vedo con occhi
diversi anche le reazioni delle persone, poste di fronte all'animale
disabile, estranee a questa esperienza. Se all'inizio, c'è da parte
loro un automatico sentimento di pietà, si accorgono che le cose non
sono quel che sembrano, e avviene quindi una cosa straordinaria, cioè
che l'handicap, la disabilità, la malformazione, diventa
invisibile, perché così è in partenza per l'animale, cane o
gatto, che continua a comportarsi spinto dalle sue esigenze, dai suoi
sentimenti e desideri, che lo motivano a superare con tutta la sua
energia e inventiva, la difficoltà iniziale. A questo punto, le
persone, questi animali umani così suggestionati da tanti pensieri
che in realtà non sono i loro, ma che hanno per così dire
imparato dalla società, cominciano a sviluppare pensieri
collaterali, nuovi e diversi, che illuminano anche la loro
sensibilità. Il gatto o il cane, diventa – tra le altre cose –
un esempio, un maestro, per comprendere cose sulla diversità, ancor
più estremizzata, in partenza, dalla presenza di un problema fisico,
che rende l'animale a sua volta 'diverso' tra diversi (almeno ai
nostri occhi umani).
<<Il mio coinvolgimento si eleva,
si trasforma, si arricchisce, in un continuo scambio con gli animali
disabili che incontro e che provo ad aiutare, in modo che a ogni
successiva occasione, la qualità e l'intensità e la forza del
rapporto che si sviluppa con questi animali, si modificano e si
amplificano.
Sul versante pratico e quotidiano,
infatti, la nuova luce che c'è al fondo di questi sentimenti nuovi
(o forse riscoperti, rivitalizzati dal contatto), infonde nuovo
coraggio.
<<Tanti anni fa, quando questo
percorso è iniziato, quasi per caso, la disabilità animale era
un tabù, che non veniva nemmeno nominato, figuriamoci se
riconosciuto o esaminato.
Per gli animali 'con handicap' o con
problemi, i veterinari e l'uso diffuso prevedevano una sola
soluzione, sempre quella, definitiva. Era un esito doloroso: e
all'animale non veniva data nessuna possibilità di una ulteriore e
diversa vita, non aveva voce in capitolo, eppure gli umani stavano
in quel momento decidendo di una vita che non era la loro.
Dimostravano una specie di empatia debole, che però non si metteva
davvero nei panni dell'animale, immaginando cosa avrebbero voluto
loro se fossero stati al suo posto.
<<Erano situazioni critiche,
anche per molti professionisti e veterinari, oltre che per molti
volontari, impegnati con la sola risorsa della loro emotività, a
fronteggiare situazioni in quei casi davvero al limite. Ci volle –
parlo della mia esperienza personale – un aiuto forte, da parte di
una veterinaria davvero determinata, per cominciare a dare a queste
situazioni una diversa direzione.
<<Tra volontari e veterinari c'è
o dovrebbe esserci, una stretta comunicazione, perché gli uni si
fermano dove iniziano gli altri. Al centro, sempre questi tanti
animaletti, più esposti degli altri alla necessità di una cura
umana, alle conseguenze di scelte non loro, anche se fatte per
loro, a tutti gli aspetti di un 'poi' che, proseguendo le singole
vite, mette in luce nuovi bisogni, nuove necessità, richiede nuove
abilità e strategie. Negli anni, si formano delle
complementarietà, con fatica, ma anche con gratificazione.
<<Otto anni fa, per Tito, è
andata proprio così. Una veterinaria, si è fermata, non si è
arresa, e gli ha (ri)dato la vita. Il primo passo l'ha fatto lei.
Da quei passi iniziali e decisivi,
l'operare modificato dei volontari, ha a sua volta modificato gli
atteggiamenti di altri veterinari, e delle persone che si ritrovano a
vivere con un animale disabile in casa.
Dopo veterinari e volontari, il terzo
vertice di questo triangolo umano al cui centro c'è l'animale
disabile, è proprio dato dalle persone che hanno l'animale disabile
nelle loro case e famiglie.
A lungo, queste persone, che si
vedevano come 'padroni', si sono fermate sulla soglia estrema
della disabilità. Si sono rifiutate di oltrepassarla, sono rimaste
al di qua, e hanno scelto l'eutanasia.
Tra i tantissimi elementi che pesavano
su questa loro scelta, uno mi ha sempre colpito: la vergogna che
provavano nell'avere un animale menomato in casa. Così come si
faceva se si aveva un familiare umano con handicap (e come oggi forse
per fortuna si tende a non fare più) , si tendeva a nasconderlo, a
tenerlo in casa, forse anche con l'intento mal direzionato, di
proteggerlo. C'era la vergogna, la non volontà di dover spiegare e
raccontare.
Gli sguardi reciproci, tra animale e
persone della famiglia, poi coi volontari e i veterinari, poi tra
tutti gli umani coinvolti, erano di pietà, compassione, ma poi anche
di ostentazione, come se 'mostrare' l'handicap dell'animale fosse
paragonabile a un gesto di esibizionismo, a una sollecitazione a
velleità voyeuristiche, vagamente morbose.
<<Perché la forza dell'empatia
agisca su questi atteggiamenti, occorre, naturalmente, il tempo.
Allora, cambiano i modi di pensare e di vedere, tra le persone
comuni. Quello che all'inizio era vergognoso, smette di essere
improponibile. Il pensiero limitante, che bloccava ogni scelta
diversa e alternativa a quella dell'eutanasia, piano piano perde
terreno, di fronte a considerazioni di altro livello, di maggiore
apertura. Cuore e mente, acquistano la caratteristica di diventare
'diversamente aperti'.
<<Un animale disabile, accolto
con nuova consapevolezza, ri-orienta per intero tutta la vita delle
persone che vivono vicino a lui, rimette in ordine diverso priorità
e valori, in un certo senso obbliga a ripensare tutta la propria
vita, a cominciare dalle minime cose quotidiane. E ciò che avviene
anche quando si vive con un umano disabile, a ben pensarci, con un
doppio impegno di empatia, e di superamento di ostacoli e barriere:
quello della disabilità, e quello della specie.
<<Oggi è una situazione più
normale e diffusa, e per fortuna le persone trovano più facilmente e
velocemente, le motivazioni interiori per imparare a vivere accanto a
un altro animale disabile.
Così, scoprono che si possono fare
cose insieme, cose diverse da quelle che ci si aspetterebbe di fare
con un cane o un gatto 'normodotato'. Ma la diversità di risorse
fisiche a disposizione, in modo reciproco e bidirezionale, diventa
costruttiva e positiva, scambia informazioni reciproche, porta a
mutare se stessi, ad approfondire – se si ha la volontà di farlo –
la propria consapevolezza, a focalizzarsi su 'cose' a cui prima forse
non si pensava nemmeno. E non tutte hanno a che fare con doveri
medici e di cura, con ostacoli da superare. Anzi. Spesso ci mettono
di fronte a soluzioni creative, a modi e stili di vita speciali e
diversi, perché unici, personali e individuali: dell'animale
disabile, di noi stessi, e di noi come insieme, sistema familiare
composto da animale umano + animale non umano.
<<Si fanno avanti aspettative
nuove, diverse, quasi 'eccezionali', perché tutto quello che viene
dal vivere insieme si fa speciale e particolare, ogni volta diverso e
da ripensare.
Diversi sono i livelli della
disabilità. Diversi i modi degli animali di avere a che fare col
mondo reale intorno a loro. Mi capita di pensare che a volte, loro ti
stiano prendendo in giro, o ti stiano mettendo alla prova, giocano
con gli sguardi, che ti inviano e coi quali comunicano, chiedono,
affermano. Coi gatti, coi quali ho un rapporto più frequente e più
ricco, per via del lungo tempo di frequentazione, questo è
evidentissimo.
<<Loro, gli animali, non si
sentono menomati. Ma noi, che li vediamo, modifichiamo più o meno
inconsciamente, il nostro atteggiamento e modo di comportarci nei
loro confronti, poiché abbiamo davanti un animale che ha subito
qualcosa (incidente, nascita con problemi, maltrattamenti,
mutilazioni, e altro). Ma per loro, quella è la realtà, quello è
il mondo in cui si trovano a vivere e col quale devono e vogliono
agire. Ho avuto a che fare con gatti nati senza occhi, che
sviluppavano o portavano alla superficie nuove e diverse facoltà,
'un sesto senso' e altri canali di comunicazione, per scambiare
informazioni. Creano la misura e il ritmo della nuova relazione,
anche con noi, oltre che con gli altri animali che incontrano, magari
nelle nostre case. Ci chiamano a un nuovo impegno di relazione,
poiché nemmeno per un istante pensano che la loro richiesta di vita
sia inferiore o meno valida di quella di altri, considerati 'sani' o
'normali'. Aprono davanti a noi nuove finestre sensoriali, altri
livelli di percezione, altrimenti inavvicinabili per un umano.
Animali disabili, anche sofferenti, trovano continuamente strategie
per compensare, per riempire i vuoti con nuove capacità. Io li aiuto
col gioco, e ho l'occasione, che considero preziosa, di scoprire i
molteplici lati della inventiva degli animali: un gatto privo delle
zampe anteriori, usa le zampe posteriori, e la coda,e la bocca, in
modo nuovo. Loro per primi diventano esploratori di nuove vie per
avanzare nel mondo reale, e scoprono e mettono in atto strategie e
intelligenze.
<<Se tu sei un umano, e ti trovi
alle prese con queste situazioni, sei forzato a cambiare, perché
la realtà che vedi e vivi non è più quella che pensavi che fosse.
Cambi, per non sentirti e intrappolarti tu stesso in una situazione
di 'disabilità', che definirei percettiva, emotiva.
Dove noi ci blocchiamo, loro procedono
oltre, cambiano la vita stessa, o meglio, è la vita che li dirige
verso cambiamenti inaspettati, spinge il limite oltre, fino a creare
un vero e proprio mondo diverso.
La domanda, tante volte, mi ha così
colto, in modo del tutto spontaneo: chi è, quindi il vero limitato?
Chi il vero disabile?>>