a Maika piace nuotae nell'acqua bassa a bocca aperta, come i coccodrilli dei film di Tarzan - o come gli ippopotami |
I cani non smettono mai di suscitare gli umani con cui si trovano a vivere o a dividere spazi - a patto che gli umani siano consapevoli di quel che sta accadendo (i cani, consapevoli, lo sono sempre).
Se si vive con dei cani, non si può non pensare ogni momento a quel che loro sono.
Ne nascono racconti e riflessioni, che i social possono diffondere - per fortuna, almeno una volta i social possono svolgere una funzione costruttiva.
Chicco |
C'è per esempio un bel gruppo, su FB, dove qualche giorno fa hai potuto partecipare a una interessante discussione, con molti contributi intrecciati tra loro in un controcanto e in successive riprese, come ondate. La discussione è nata dalla riflessione di una delle iscritte, Smeralda Donato.
La premessa necessaria è che questo non è che un tassello, l'universo canino è davvero vastissimo, i suoi aspetti da esplorare sono innumerevoli. Ciascuna esplorazione è un tentativo di capire di più, di conoscere meglio. Quindi, magari ce ne saranno le futuro prossimo venturo di questo blog, ma intanto, approfondiamo questa.
La premessa necessaria è che questo non è che un tassello, l'universo canino è davvero vastissimo, i suoi aspetti da esplorare sono innumerevoli. Ciascuna esplorazione è un tentativo di capire di più, di conoscere meglio. Quindi, magari ce ne saranno le futuro prossimo venturo di questo blog, ma intanto, approfondiamo questa.
Il tema si potrebbe intitolare l'intensità di identità, che è il concetto che Smeralda ha provato a pensare.
"L'intensità di identità è
quando un cane ha la completa consapevolezza di chi è, non ha dubbi di
chi sia , non cerca conferme perché ha già le risposte, quello che può
essere un indicatore per esempio, quello che si muove nello spazio
senza aver paura di invaderlo , quello che sa di essere una guida ma non
ne fa uso".
E si può partire d qui, dal fatto - anche - che il concetto ti ha molto fato pensare a tua volta. Il cane consapevole è quel cane che ha avuto le occasioni, le possiblità, i modi per fare molte e costruttive esperienze del mondo e nel mondo. Non sempre - va detto - un cane 'padronale' (cioè quel cane che vive in una famiglia di umani, in una realtà antropomorfa e antropometrata) ha queste possibilità; quindi, potrebbe essere un cane non consapevole. Si intravedono altri discorsi che si dipartono da qui, ma che per il momento non seguiamo.
Anche perché, forse, la consapevolezza potrebbe anche essere solo un segno esterno, visibile, e ben risolto e sviluppato, di una energia che scorre intensa nell'individuo canino - ciaascuno ha la sua: e sarebbe la identità canina.
Questa energia, potrebbe essere intrinseca in ogni cane fin dalla sua nascita - ma deve trovare i modi per incanalarsi, per svilupparsi, per esprimersi, per diventare evidente, vissuta, condivisa ereagita anche dagli altri cani o dagli altri viventi - umani e non - che la percepiscono. Ed ecco la intensa identità - a intensità della identità, che forse si può valutare.
Vedi come il concetto è ampio e bello - e ha bisogno di altri approfondimenti.
La discussione prosegue, nel gruppo FB. Chi dice che il cane che ha una identità "E' quello che ha un energia intensa e ne è consapevole senza doverlo spavaldamente dimostrare".
In qualche modo, la consapevolezza dà origine alla identità intensa, perciò in qualche modo potrebbe essere legata anche alla età. Il progredire degli anni e le esperienze che questi portano a vivere, possono contribuire a diventare intensi. Attraverso le riflessioni suscitate dalle esperienze, entrano nel proprio carattere niuovi modi di muoversi, di comnicare, di decidere, di stare.
Lo stare, è in qualche modo la fiducia in se stessi, la soddisfazione di quel che si è. Ecco che - perciò, qualcuno ha scritto che l'identità "non parte dal
ruolo che potrebbe avere nel branco , quindi non è detto che
necessariamente un indicatore, o uno che supporta ma è come se
sprigionasse in sé il tutto, i segreti della natura ...LUI GIA SA'". Anche i cani 'di basso rango' possono essere appagati del loro ruolo.". Secondo te, c'è una affinità col concetto umano di vocazione, cioè di fare bene quel che si è chiamati a fare nella vita, perché è la cosa che si è capaci di fare meglio. Al crocevia tra protestantesimo e filosofia zen. Insomma: il mio basso rango lo vivo bene, è a mia misura, perciòlo esplico e lo esprimo al massimo grado e nel modo più chiaro possibile.In questo modo, il basso rango - qualunque cosa significhi - diventa intenso e dà forma e figura alla identità.
Infatti - dice qualcuno - il cane intenso "è appagato da sé
stesso indipendentemente dal ruolo, è colui che non si sbilancia ma è
bilanciato. Ed ha una ritualizzazione pazzesca, quelli che hanno un
aurea pazzesca. E i cani si accorgono di chi ce l'ha ed alcuni si infastidiscono ad incontrare un cane con un intensità alta".
Curioso l'aspetto dell'aura, o aurea: un qualcosa di indefinibile, designato da un nome così etereo: l'aurea dovrebbe essere il muoversi nel proprio spazio, in un certo modo.
"Sicuramente fa anche molto l'esperienza vissuta di quel cane.
"Non si vede solo nello sguardo
ma anche da come si muove nello spazio e da come non gli interessa
necessariamente dimostrare agli altri".
Devi dire che ci sono tante persone che partecipano alla discussione, che è appssionante per chi ama i cani Perciò, spuntano un po' di aggiunte, come quelle di qui sopra che però rendono meno nitido il concetto, che così si allraga ma si confonde - almeno un poco.
Un elemeno che spunta e che senti personalmente molto coinvolgente, è quello della disabiità, della sofferenza, data da quache malattia.
Qualcuno riporta la sua esperienza: "il cane nonostante sia disabile non è sofferente , non è
dubbioso ma è appagato da sé stesso e quindi è come se avesse la completa
intensità di identità"
Ci possono essere "varie gradazioni" ma
"potrebbe fare la differenza" il "come si vivono i dubbi e le perplessità". Ritornano i dubbi di chi sta cercando, ritornano le sensazioni indefinite.
A te, poi, personalmente ha colpito, nella intensità della
identità, soprattutto l'accento sulla intensità (credi
infatti che tutti i cani abbiano ciascuno la sua identità, anche se
involuta, o sofferente, magari). L'intensità sembra quindi essere una
cosa che ha a che fare con la centratura,
con il carisma, con l'equilibrio, con la concentrazione, con la
focalizzazione, ma allo stesso tempo non è ricercata, ma spontanea. Il
cane intenso attira e catalizza tutti, ma non è toccato davvero da
nessuno.
Ti domandi: esiste anche una intnsità nel
dolore, oppure è un concetto concepibile solamente nelle situazioni di
benessere?
Al che, qualcuno scrive che l'identità "con il tempo non si
affievolisce anzi , di fronte all'impotenza dell'età che avanza diventa
più intensa ma il movimento dello spazio precario sembra che si
affievolisce . si può acquisire ma una volta raggiunta non diminuisce l'intensità, ma solo ciò che sembra diminuisce nello spazio". "
"Intendo dire che
una volta raggiunta non diminuisce anche se sembra diminuire la
potenzialità nel movimento/spazio quando diventano anziani, per esempio" . "Può diminuire se il
cane va incontro a un evento traumatico ma secondo me che non sia di quelli naturali come anzianità o intemperie naturali. Cioè
può diminuire perché per cause non naturali si ritrova spiazzato a
dover affrontare un trauma a cui non era preparato e allora l'intensità
diminuisce."
Allora: per alcune circostanze traumatiche non naturali, l'identità sì sì può affievolire, a quanto pare. Sin verificherebbe un aumento di prudenza, che "non
necessariamente significa una diminuzione di intensità di
identità...anzi, potrebbe significare una maggiore consapevolezza dei
propri limiti. diventa più consapevole".
Lo spazio
viene inteso come movimento. o meglio come quei movimenti che quel cane fa e può fare. "Un cane disabile nei
suoi movimenti è molto limitato ma nonostante ciò l'intensità di
identità è altissima e non ha bisogno neanche di guardare qualcuno per
esprimere la sua presenza e la sua
accettazione". Questo atteggiamento, questa 'posizione emotiva' (tu la chiameresti così) questa sua accettazione di identità non deriva dal fatto di
essere disabile perché esisteva anche prima dell'handicap. Un contributo alla discussione precisa: "Ma anche se
sta fermo e di spalle gli altri cani a distanza di decine di metri
sentono e percepiscono la sua intensità di identità probabilmente anche a
livello olfattivo.
È appagato da sé stesso e nel suo spazio anche se i movimenti nello spazio sono limitati".
È appagato da sé stesso e nel suo spazio anche se i movimenti nello spazio sono limitati".
Spuntano elementi suggeriti, spuntano domande: "Basta uno sguardo o una
posizione... Potrebbe essere che proprio l'intensità di identità non
abbia bisogno di spazio? Nel senso, non abbia bisogno di troppi
cerimoniali?".
Il concetto si conplica, si articola ancora un po' di più: "Non ha bisogno di cerimoniali
perché quando l'intensità è alta si basta da solo , si appaga, la sua
emotività dipende solo da sé stesso e da nessun altro, ciò non significa
che gli piace stare da solo , ma non dipende da nessuno e quindi è
intensa.
E attraverso il suo odore,, la trasmette senza bisogno di muoversi o di prendere posizioni. E gli altri la percepiscono."
L'intensità si basa sulla accettazione di se stesso? "Quanto più è
consapevole tanto più è intensa, tanto si accetta, si basta da solo, si
appaga da solo, ma non è rassegnato".
Per riassumere, chi sarebbero questi cani favoriti da una identità intensa - raggiunta con l'età, o grazie alle esperienze, o nel vissuto di malattia e handicap, o grazie a una indole congenita, o innata - grazie alla quale vivono circondati da consimili e da umani che li hanno sempre in considerazione?
Potrebbero essere "Cani che non hanno bisogno di dimostrare niente a nessuno, che quando arrivano vengono notati dai loro simili senza nessun bisogno che facciano nulla, solo al semplice passaggio o con la semplice presenza. Di
solito arrivano, passano in mezzo agli altri, si siedono, quasi sempre in
una posizione che sembra decentrata da cui possono tuttavia osservare
tutto e pare che poltriscano.
Alle volte se la situazione lo richiede, entrano in gioco, anche in maniera punitiva alle volte, ma lo fanno con una tale precisione, intensità mai sproporzionata, direi quasi eleganza, tornando immediatamente allo stato di calma e senza serbare rancore per nessuno che non lasciano tracce di paura negli altri, ma al massimo una specie di iniziale timore reverenziale che poi lascia il posto ad ammirazione ed attrazione".
Alle volte se la situazione lo richiede, entrano in gioco, anche in maniera punitiva alle volte, ma lo fanno con una tale precisione, intensità mai sproporzionata, direi quasi eleganza, tornando immediatamente allo stato di calma e senza serbare rancore per nessuno che non lasciano tracce di paura negli altri, ma al massimo una specie di iniziale timore reverenziale che poi lascia il posto ad ammirazione ed attrazione".
Qualcuno nota che "con l'età diminuisce non il carisma ma la volontà di "intervenire" o di
"perseverare", come se dicessero "io ve l'ho detto, voi non avete
capito, peggio per voi, io oltre non farò", ma sembra più una maggiore consapevolezza dei propri limiti fisici". Tuttavia, questa ultima ipotesi, sembrerebbe in contraddizione con quanto scritto sopra:
cioè che questa sua accettazione di identità non deriva dal fatto di essere disabile perché esisteva anche prima dell'handicap.
cioè che questa sua accettazione di identità non deriva dal fatto di essere disabile perché esisteva anche prima dell'handicap.
Insomma, il concetto è ricco e profondo, ma ha bisogno - forse - ancora di venire maggiormente messo a fuoco.
grazie ai contributi di tutte le esperte: veronica papa, smeralda donato, giusy cozza, daniela carelli, claudia cozzi, silvia mazzocchitti.
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