"Io ho visto un altro mondo"...
e non è quello che si vede qui.
Non è il mondo di questo uccellino, sfocato al di là delle pareti di vetro di una prigione artificiale, costruita dagli umani, per metterci dentro tutti gli uccellini come lui: perché sono belli e colorati, perché sono piccoli.
Perché si vendono. Perché si comprano. Perché qualcuno guadagna sulla loro pelle, si arricchisce al prezzo della loro vita.
Come non è il mondo delle decine e decine di foto che scorrono su questa pagina, foto di ogni genere di gesto di dominio, di sfruttamento, di tortura, di uccisione, di sterminio, in un crescendo vertiginoso, e nauseabondo e sconvolgente, che gli umani fanno a tutti gli altri animali, per qualsivoglia motivo, o capriccio.
Ho scelto questa immagine perché era tra le meno cruente: tuttavia trasmette un senso di tristezza, di claustrofobia, avvinghianti. Bisogna osservarla bene, certo. Bisogna capirla. Occorre la volontà di capirla, e quindi di mettersi nelle piume di quell'uccello.
Perché non una immagine più cruenta? Perché è un tipo di discorso che sto cercando di affrontare, è una serie di spunti, idee, riflessioni, che sto cercando di portare avanti: l'ho fatto parlando delle foto di Sarah Ernhart, o pensando ai Santuari per animali liberati, oppure, ancora, condividendo le foto di Isa Leshko. Un discorso che ha preso - se non l'avvio, una maggiore profondità, da questo post del blog Il Dolce Domani.
Che immagini che ci mostrano la bellezza degli individui animali, liberi nella loro vita normale, possono aiutarci ad aprire la nostra consapevolezza alla loro dignità e al valore della loro vita, che merita e ha diritto di essere vissuta. Che le immagini di animali felici e i racconti che mettono in luce le loro
caratteristiche positive (intelligenza, empatia ecc.) toccano di più
il cuore. (L'idea è di Annamaria Manzoni).
Che quindi, poi si può effettuare un confronto, tra quelle immagini di felicità e quelle di dolore, tra ANIMALI FELICI e ANIMALI INFELICI. (Ma solo, forse, se una scintilla è scattata in noi, solo se qualche corda ha cominciato a riverberare nel nostro sentimento). Che dal confronto possiamo riflettere su ciò che ci suscita, e sulle conseguenze che necessariamente dovremmo trarre a conclusione coerente: fermare da subito la tortura. Che non è un caso se gli strumenti usati dai media per convincere la gente a comprare
latte, carne, comprendono immagini di animali felici (la mucca felice, la
gallina che razzola libera). (perché sono immagini che
funzionano) Che tutta la pubblicità lavora in funzione della rimozione
della morte: dunque noi dobbiamo usare lo stesso linguaggio
mediatico, ma per veicolare il messaggio opposto, ossia che gli
animali non vanno sfruttati. (Grazie Rita Ciatti). Che gli sfruttatori degli animali hanno capito così bene il valore delle parole che stanno distorcendo anche quelle valorizzate dal linguaggio antispecista, che fa crescere le riflessioni sulla necessità di rispetto verso tutti gli altri individui animali. (leggete qui). Che, dunque, le immagini sono potenti, e che danno e confermano la individualità agli animali, perché essa di fronte allo sguardo non è più negabile, né evitabile - la si può però ancora mistificare, come abbiamo visto.
Che alla parola può spettare il compito di ri-raccontare le vite degli animali, che hanno riacquistato meraviglia grazie alle immagini (la parola-così-umana, può fare surf sulle onde possenti delle immagini). Che alla parola può anche spettare il compito di raccontare, invece, le lunghe sofferenze che patiscono tutti gli animali nelle mani degli umani: perché la parola non mostra, e dunque non corre il rischio di allontanare, ma invece avvicina, e pretende lo sforzo dell'attenzione (e quindi, quelle sofferenze descritte potranno entrarci sotto la pelle). Si potrò tornare su questo pensiero. Perché di sicuro non c'è solo questo modo di pensarlo. E perché questi pensieri devono portare all'azione, che sia davvero efficace e utile per la salvezza degli individui ancora prigionieri.
Grazie Giovanni per questo bel post da te a lungo meditato (ne parlavamo agli inizi delle nostre conversazioni di quanto sia importante diffondere immagini che mostrino gli animali felici, liberi da ogni sofferenza, nel pieno della loro capacità di esprimersi e di quanto probabilmente siano queste a suscitare maggiore empatia rispetto a quelle violente di sfruttamento e morte che la mente è portata a rimuovere subito dopo, per difesa).
RispondiEliminaOnorata del fatto che tu mi abbia citato. :-)
Un abbraccio.
P.S.: quel sito di fotografia da cui hai preso la foto è bellissimo. Poi lui riesce sempre ad abbinarci la giusta didascalia.
Ciao Rita,il tema, o meglio la problematica delle immagini, mi 'prende' molto, così come l'aspetto più legato a un altro senso, quello dell'udito quindi i suoni e/o la musica.(insieme alla grande questione della disabilità animale sono problemi che mi sforzo di affrontare, post dopo dopo, sia pure non con continuità. In questo senso, l'aiuto, il contributo delle tue riflessioni, e gli scambi di idee e spunti, mi sono di grande aiuto: dunque, non potevo ritardare oltre l'occasione di citarti :-)
RispondiEliminaIn prossimi post, proverò ancora a parlare di queste coswe, perché il tutto è molto complesso e a volte contradditorio, e la confusione è facile
P.S. sì, quel sito è molto bello, sia pure molto duro, con immagini forti. perfetto, dunque per questo discorso. avrei voluto mettere il nome del fotografo, ma non l'ho saputo ritrovare. Un abbracco a Te